Instagram cuisine

Secondo Bertoldo – eroe contadino – il giorno più lungo è quello che” si sta senza mangiare”, perché il ventre vuoto dilata la misura del tempo indefinitamente, allargandola come una vescica mostruosamente rigonfia. In poche parole: a pancia vuota il tempo non passa e si soffre pure. Di questi giorni “più lunghi”, sembra che del cucinare in diretta Instagram, più che del mangiare, non si possa fare a meno. Sembra che ciò di più bello ci possa esserci al mondo in sto momento, sia affondare le mani in qualche impasto, sbucciare patate e cipolle, affettare ortaggi in genere, sbattere le uova…. E cuocere, infornare, spadellare, preparare ricette insomma. Diciamo che in questo modo si sta apprendendo la dimensione temporale per cui l’attesa è necessaria solo per far lievitare un impasto, riscaldare l’olio al punto giusto per friggere, per fare il bagnomaria…. Ogni giorno su Instagram, unico strumento social che io riesco, in qualche modo, a “interpretare”, assisto a preparazioni culinarie in cui la gente si sente finalmente felice. Il tempo le scorre. Nel cucinare su Instagram la gente ritrova quella saldezza che le impedisce di essere turbata. In queste “cucine a cielo aperto”, in cui primeggiano certi attrezzi che appartengono alla sfera del meraviglioso, del magico, e altri che oscillano tra il vintage da rottamare e l’inutilità, si consuma il rito delle ore felici. A metà tra contemplazione narcisistica ed esaltazione dionisiaca. Si consuma un processo di umanizzazione del ”cucino come sono” e si dimostra che siamo i maggiori produttori mondiali di sensazioni. La cucina di Instagram sembra sia rimasto il luogo dove si parla di sentimenti, di tempi e abitudini che innovano anche gli “spazi “sociali”. Dove a fare da mattatore sono il numero dei “mi piace”, che riscrivono le mitologie della socialità e diventano la giusta ricompensa dell’Ora et labora quotidiano per i protagonisti. Le preparazioni, quella della gente comune, non degli chef, parlano di ricette della nonna, della mamma, della cucina tramandata. Cucinare, come chi ti ha dato le origini, contribuisce in un certo modo a placare i morsi di questo periodo e della nostalgia, come se, insieme al cibo e alle tecniche di preparazione tradizionali, si tenesse con se, in questo “nuovo mondo” delle quattro mura, anche gli affetti, i famigliari, gli amici…. D’altronde la nostalgia, uno dei termini e dei concetti più belli e affascinanti coniati in epoca moderna, racconta l’inquietudine e lo spaesamento, evoca esplosioni e frantumazioni di tempi e di luoghi, lacerazioni e dispersioni, individuali e collettive, partenze, fughe, ritorni, abbandoni, perdite, rinascite.

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